Da: Parroquia Kami [mailto:kamisdb@entelnet.bo] Inviato: martedì 8 maggio 2007 15.06 Oggetto: RE: Cosa ne pensi ? Carissimi amici che seguite con attenzione e preoccupazione l'avventura boliviana, nonostante tutte le incertezze nell'interpretare i fatti, credo che le speranze con cui il popolo boliviano ha appoggiato Evo Morales si sono rafforzate molto con la nazionalizzazione degli idrocarburi, anche se è vero che non si tratta di nessun esproprio, ma di riprendere semplicemente il diritto proprietario di ciò che gli appartiene: il gas e il petrolio. In realtà vengono rispettati gli investimenti delle compagnie e si mantiene il diritto di continuare a sfruttare le risorse boliviane ma lasciando allo stato l'82% di tutto quello che si tira fuori. E' certo che YPFB (l'impresa statale boliviana) non ha soldi oggi per fare nuovi investimenti, ma in poco tempo li avrà e potrà sfruttare per conto suo queste risorse. La grande perplessità viene dalla gestione dell'impresa nazionale che in passato era affogata nella corruzione e oggi corre gli stessi pericoli. Non è però giustificabile che per paura che ci rubino i soldi diamo il nostro portafoglio ad altri.... In tutta questa storiaccia appare chiaro il disegno delle compagnie petrolifere di aver pilotato la "capitalizzazione" delle imprese statali per rubare a man salva con la protezione del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. I governi precedenti che hanno regalato questi campi petroliferi che erano già preparati hanno offerto la torta già fuori dal forno...... e oggi la festa è finita. Che questa sia la soluzione dei problemi della povertà della gente non credo, ma è una inversione di tendenze che è un ottimo segnale. Che Evo si debba appoggiare a Venezuela e a Cuba è una necessità, perchè senza alleanze con nessuno fallirebbe, mentre così si abbozza un nuovo panorama latino-americano con una forte componente contraria agli Stati Uniti. In tutto questo è da apprezzare molto il comportamento di Lula che, nonostante le pressioni interne dei suoi imprenditori, riconosce alla Bolivia il diritto di riprendersi quello che le corrisponde per risolvere i problemi della sua povertà. Il futuro si dipinge con colori di speranza, anche se non mancano le nubi. Abbiamo bisogno di solidarietà internazionale come non mai. E' anche bello pensare che la reazione all'impero delle multinazionali del petrolio venga dai paesi più deboli del mondo e che la forza delle popolazioni indigene arrivi a far tremare i valori in borsa dei potenti.... mi pare di aver letto qualcosa del genere nel Vangelo..... Un abbraccio a tutti. A presto. Serafino e Co. ____________________________________________________________________________ From: Cociglio Mauro To: Serafino Sent: Wednesday, May 03, 2006 6:19 AM Subject: Cosa ne pensi ? La Stampa 3/5/2006 IL PRESIDENTE INDIO, DI RITORNO DA CUBA, ATTUA LA MOSSA CHOC CHE AVEVA PROMESSO GIA' IN CAMPAGNA ELETTORALE Morales nazionalizza petrolio e gas Bolivia, l'esercito mandato a occupare i pozzi di greggio delle compagnie straniere Emiliano Guanella BUENOS AIRES. La decisione più forte nei suoi 100 giorni alla guida della Bolivia è di quelle che fanno scuotere i mercati e sobbalzare i governi amici. Il presidente indio Evo Morales annuncia la nazionalizzazione del gas e del petrolio in uno scenario da proclama bellico, con i soldati del «Batallon de Ingenieria» a presidiare il pozzo di San Alberto, nel municipio di Caraparì, al centro della zona nobile del ricco sottosuolo del più povero dei Paesi sudamericani. Il decreto 28.701 è lapidario: occupazione manu militari dei giacimenti e dei gasdotti e conseguente avvio delle procedure formali per il passaggio della proprietà degli impianti allo Stato. Una manovra shock che lascia ora stretti margini di negoziazione alle compagnie straniere che da anni operano nel Paese. Avranno 180 giorni di tempo per riscrivere assieme a La Paz i nuovi contratti, di certo molto meno vantaggiosi di quelli attualmente in vigore. Tocca al vicepresidente Alvaro Garcia Linera spiegare senza mezzi termini la nuova fase. «Con i governi passati le multinazionali si portavano via l'82% degli utili e lasciavano nelle nostre casse solo il 18%. Adesso questa proporzione si invertirà e per lo Stato boliviano questo significherà 300 milioni di dollari di entrate in più all'anno. Nuovo lavoro, nuova ricchezza, più benessere ». Immediata la reazione dei diretti interessanti. La più esposta è la brasiliana Petrobras il cui stato maggiore si è detto sorpreso e amareggiato per la decisione presa. Commenti gelidi anche dai francesi della Total, dall'inglese British Petroleum e dagli spagnoli della Repsol-Ypf, il cui titolo ieri ha subito forti perdite. Il premier spagnolo Zapatero ha avvertito sulle conseguenze della decisione sulle relazioni bilaterali tra due governi ideologicamente affini. Ma la mossa presa da Morales potrebbe fargli guadagnare anche nuovi nemici tra i presidenti dei Paesi vicini preoccupati per le conseguenze disastrose che una nuova «crisi del gas» potrebbe provocare proprio adesso che si avvicina l'inverno australe. Le grandi città argentine, da Buenos Aires a Cordoba, così come buona parte delle regioni industriali del sud del Brasile e almeno la metà delle case della megalopoli San Paolo vengono riscaldate dal gas boliviano. Coinvolti indirettamente anche il Cile e l'Uruguay. L'argentino Nestor Kirchner e il brasiliano Lula da Silva, amici e sponsor fino a ieri di Morales, sono in imbarazzo. La politica estera dell'ex leader cocalero, del resto, sembra puntare al baricentro venezuelano piuttosto che al sempre più indebolito Mercosur. Lo scorso fine settimana, poche ore prima della formalizzazione del polemico decreto, lo stesso Morales si è ritrovato all'Avana con Chavez e Fidel Castro per sottoscrivere la nascita dell'Alba, l'«alternativa bolivariana delle Americhe », un'alleanza più politica che economica pensata in contrapposizione all'Alca, il trattato di libero commercio che l'amministrazione Bush vorrebbe imporre in America Latina. Tornato in patria il presidente indio ha deciso di giocare forte approfittando di una popolarità ancora molto alta, oltre il 70%. La nazionalizzazione degli idrocarburi, al centro della sua campagna elettorale, è stata la parola d'ordine delle proteste che hanno rovesciato due governi nel giro di tre anni. Una richiesta ribadita dal referendum del luglio del 2004 e gridata in piazza dalla stragrande maggioranza dei quechua e degli aymara delle zone andine e dei contadini del Tropico di Cochabamba, anche perché molti di loro il gas non sono mai riusciti ad averlo nelle proprie case. Si oppone invece la classe media bianca e meticcia delle regioni orientali di Santa Cruz, Beni e Pando, che hanno legato il proprio sviluppo economico al boom dell'industria estrattiva. Minacciano ora uno sciopero civico con il blocco di tutta l'attività produttiva. Ma la partita più importante si giocherà sul tavolo dei negoziati che si apriranno non appena gli animi si saranno calmati. Morales sa che, anche volendo, la Bolivia, non potrebbe riuscire da sola a far funzionare i pozzi, i gasdotti e gli impianti di raffinazione: mancano i tecnici specializzati e non possiede la rete di distribuzione all'estero. Il nuovo governo socialista e indigeno ha bisogno dei «gringos» quasi quanto quest'ultimi necessitano del prezioso gas boliviano. Nelle prossime settimane si vedrà chi riuscirà a strappare le condizioni migliori. Prima che il freddo dell'inverno arrivi.